Teoria dell’apprendimento
Le basi teoriche dell’apprendimento
L’apprendimento è considerato come il processo di acquisizione o di modifica, da parte dell’individuo, di conoscenze, comportamenti, abilità, competenze, valori o preferenze. Questo processo è influenzato da molti e diversi fattori, tra i quali:
- modalità cognitive, stile di apprendimento;
- gusti, preferenze, tendenze ed esperienze (individuali e no);
- influenza da parte dell’ambiente circostante, stimoli (o condizionamenti) provenienti dall’esterno;
- modelli, teorie, concettualismi e percorsi organizzativo-didattici proposti dalle agenzie educative di riferimento;
- influenza dei media e dei processi che regolano l’acquisizione e la condivisione delle informazioni.
Le teorie dell’apprendimento più importanti fanno capo ai seguenti movimenti di pensiero. Vediamoli insieme.
La teoria psicosociale dello sviluppo della personalità [indice]
La teoria psicosociale di Erik Erikson afferma che in ogni organismo vivente esistono delle potenzialità, che possono essere “attivate” dalle esperienze individuali. Sono poi queste esperienze che finiscono per regolare le interazioni con gli altri individui. Erikson afferma che ciascun individuo dipende da tre processi:.
- Processo biologico: regola il funzionamento del nostro corpo.
- Processo psichico: razionalizza le esperienze attraverso una sintesi dell’Io.
- Processo comunitario: è legato ai substrati e alle influenze culturali, ai contatti e alle interazioni che si instaurano con gli altri individui.
Basandosi sulle fasi freudiane di sviluppo psicosessuale, individua otto fasi che si succedono nello sviluppo e nella vita di una persona, associando a ciascuna di esse due atteggiamenti contrapposti in grado di generare tensioni, conflitti, stati di crisi:
Tutte le fasi conflittuali possono essere risolte integrando le tendenze che di volta in volta si oppongono. E’ questa integrazione, infatti, che riesce a generare una nuova forza psicosociale e un nuovo atteggiamento nell’individuo. In presenza di tensioni contrapposte non adeguatamente risolte, ecco che si entra in stati di dolore, disagio e addirittura regressione. Il processo di sviluppo è fortemente influenzato anche dal bagaglio di esperienze di ciascun individuo, che indirizza il comportamento e l’integrazione delle tendenze controverse e supporta il raggiungimento della fase successiva.
In questo processo, Erikson sgancia l’Io dalle esigenze dell’inconscio e della realtà e gli attribuisce una forza creativa: l’individuo, ovvero, non soggiace allo scontro tra pulsioni ed esperienze, ma trova nella crisi nuove possibilità esistenziali.
La teoria comportamentista [indice]
Secondo questa teoria, l’apprendimento si verifica quando si instaura una connessione stabile e prevedibile tra stimolo (inteso come segnale dell’ambiente), risposta (un comportamento) e rinforzo (come conseguenza del comportamento). La sequenza segnale – comportamento – conseguenza è alla base di qualsiasi tipo di apprendimento, e man mano che questo procede le esperienze pratiche tendono a rinforzare questa sequenza, causando tra l’altro la progressiva diminuzione del tempo che intercorre tra uno stimolo e il comportamento corrispondente.
Questa visione, detta anche modello trasmissivo o modello della trasmissione, ha fatto nascere una serie di approcci didattici fortemente basati sul condizionamento del comportamento del discente da parte dell’insegnante, al quale è riservato il compito di manipolare le risposte (e le loro variazioni) agli stimoli didattici scegliendo i rinforzi più opportuni. Il docente guida gli alunni all’assunzione del comportamento desiderato e cerca di rafforzarlo fino a renderlo quasi “automatico”.
La teoria cognitivista [indice]
In parziale contrapposizione alla teoria comportamentista, negli anni Cinquanta nacque il Cognitivismo, nel quale confluirono apporti di discipline assai diverse tra loro, tra cui teoria dell’informazione, cibernetica e neuroscienze, e che oggi accoglie contributi anche dall’informatica, dalle scienze della comunicazione e dall’intelligenza artificiale. Secondo la teoria cognitivista, l’apprendimento risulta fortemente legato alle fasi evolutive dell’individuo, ciascuna delle quali corrisponde a uno specifico stadio della conoscenza che l’insegnante deve conoscere e prendere come punto di riferimento.
Secondo Jean Piaget, il più noto ed eminente studioso cognitivista, l’intelligenza è un processo mentale fondamentale, che aiuta l’organismo ad adattarsi all’ambiente che lo circonda. Durante la crescita, infatti, i bambini conquistano strutture cognitive sempre più articolate, utili ad adattarsi al proprio ambiente (sintesi moderna). È da questa visione che trae origine il Costruttivismo.
La teoria costruttivista [indice]
Questa teoria ipotizza che ogni persona, riflettendo sulle esperienze individuali, costruisce progressivamente la propria conoscenza, generando le proprie leggi e i propri modelli mentali. L’apprendimento è, quindi, proprio la continua costruzione dei modelli mentali che in qualche modo si ergono a riferimento per le proprie esperienze. Vi è quindi un passaggio dal modello trasmissivo, indipendente dall’individuo, a quello costruttivìsta, incentrato sulle esperienze individuali.
In questo nuovo approccio, il ruolo del docente assume le funzioni del facilitatore del processo di apprendimento” e agisce sulle leve della collaborazione, della condivisione, dell’apprendimento attivo in contesto, favorendo la “libera scoperta” (Piaget) da parte dell’allievo.
Persino l’errore, in precedenza sempre considerato esclusivamente con un accadimento negativo, come indice di incapacità di apprendere, assume con il costruttivismo una valenza completamente diversa rispetto al passato: l’alunno che commette un errore entra in una fase di analisi, di verifica, di riflessioni sui propri comportamenti che lo hanno portato a fallire. L’errore si trasforma in stimolo per nuovi apprendimenti. Seymour Papert è concordemente considerato il fondatore del Costruzionismo.
La teoria costruzionista [indice]
Papert è il primo a parlare di artefatti cognitivi, cioè di strumenti, oggetti, ausili da dare ai bambini perché li maneggino, ne discutano, li montino e smontino, favorendo quindi i processi di apprendimento. Convinto assertore della grande utilità didattica dell’uso del computer, proprio come strumento utile a fare e a costruire, nel 1963 Papert inventa il LOGO, da lui stesso definito “linguaggio di programmazione e teoria dell’educazione”, ancora oggi un punto di riferimento per insegnare i principi della geometria e dell’informatica ai bambini. La novità di Papert si concretizza ulteriormente nel concetto di “set da costruzioni», secondo il quale ogni “costruzione mentale” è associabile a una serie di pezzi da assemblare assieme.
L’apprendimento, inteso proprio come costruzione mentale, migliora se risulta accompagnato dalla costruzione di un prodotto materiale e concreto, che possa essere mostrato, discusso e analizzato. Per usare le parole dello stesso Papert, infatti, “fare qualcosa è quanto di meglio e di più potente può esserci per l’apprendimento «Una teoria fortemente orientata alla valorizzazione del pensiero concreto.
Insegnare? No, apprendere! [indice]
Oggi la visione dominante concentra la sua attenzione su colui che apprende, sui processi che gli permettono di apprendere e su come facilitare gli esiti desiderati. Ecco che, parlando di ambiente di apprendimento, diventa abbastanza naturale non solo “uscire dall’aula”, e ci riferiamo qui ad ambienti virtuali legati alle reti di computer, ma anche “entrare nella testa’, spaziando cioè in luoghi mentali, culturali, emotivi.